Buongiorno
e grazie a tutti voi di essere qui oggi. 74 anni fa avveniva la liberazione del
nostro paese dal nazifascismo, tanti anni sono passati eppure guardandoci
attorno sembra che stiamo ritornando nuovamente indietro a quel periodo. La
storia non si ripete mai allo stesso modo ma esiste una linea di fondo, dei
meccanismi di pensiero che si ripetono e che ogni tanto riemergono.
Oltre 70 anni fa abbiamo visto l’applicazione estrema del fascismo e del nazismo che hanno causato una guerra da 60 milioni di morti in Europa e nel mondo.
Da questa tragedia è nata però una nuova società che seppur con molti contrasti e contraddizioni cercava di ripartire su basi di libertà, giustizia e pace, memore di quanto successo.
Stiamo osservando però un ritorno al passato, crisi economiche e sociali che lasciano pesanti strascichi nella società, individuazione dei colpevoli in minoranze, guerra agli ultimi e tra gli ultimi.
Assistiamo al proliferare del “cattivismo” come antitesi al “buonismo”. Durante le persecuzioni razziali, coloro che vi si opponevano venivano etichettati dal regime con un termine molto simile: “pietisti”. Questo modo di pensare molto cinico non è molto dissimile da alcune caratteristiche del fascismo storico come: nazionalismo, identitarismo, toni duri, soluzioni facili e bersagli esterni a cui attribuire i mali che affliggono la società. Ma una volta grattata la superficie, ci si rende conto che queste soluzioni non possono risolvere i veri problemi del paese. Crisi economica, sostenibilità ambientale, disoccupazione, criminalità mafiosa, disgregazione sociale, violenza contro donne e minoranze, e tante altre problematiche non vengono affrontate. Affrontarle significa prendere atto della necessità di cambiare radicalmente la società nella quale viviamo, andando inevitabilmente a scontrarsi contro una parte di essa. E’ molto più facile dare la colpa o sfogarsi su quelli più in basso, sugli “altri”.
Se vogliamo ridare veramente una nuova speranza ed una visione positiva alla nostra società dobbiamo cambiare noi stessi per primi, nel nostro piccolo. La lotta partigiana ci ha dato un esempio. In un periodo buio dove la guerra aveva messo in ginocchio il paese, subito l’occupazione nazifascista e visto lo stato sbandare, molti giovani hanno sentito spontaneamente la necessità di impegnarsi direttamente per porre fine al regime ed alla guerra. Ma non solo questo, durante la lotta resistenziale, fenomeno estremamente eterogeneo, è nato anche un nuovo progetto, la ricostruzione del paese su nuovi basi, basi appunto di giustizia, di libertà e di pace.
Non
ci si è limitati però ad aspettarli in dono da qualcuno, ci si è impegnati
partendo dal proprio piccolo per cambiare lo stato di cose esistente.
Quando una persona prova sulla sua pelle cosa significa la guerra, la fame, la sopraffazione, la violenza, la rabbia e l’odio non può rimanere indifferente e non può non riflettere anche sul mondo che la circonda. Vivere significa essere partigiani, diceva Gramsci. Bisognava rifondare la società e lo Stato su nuovi valori. E’ così che nacque poi l’esigenza di una nuova Costituzione e di una nuova forma di governo, la repubblica democratica, sancita da un referendum popolare che riconobbe anche la piena uguaglianza tra tutti i cittadini, e cittadine. Le donne diedero infatti un contributo fondamentale alla Resistenza, a lungo dimenticato, ma grazie al quale cominciarono a rivendicare il proprio ruolo nella società, fino ad allora relegato al ruolo di “angeli del focolare”.
Quando una persona prova sulla sua pelle cosa significa la guerra, la fame, la sopraffazione, la violenza, la rabbia e l’odio non può rimanere indifferente e non può non riflettere anche sul mondo che la circonda. Vivere significa essere partigiani, diceva Gramsci. Bisognava rifondare la società e lo Stato su nuovi valori. E’ così che nacque poi l’esigenza di una nuova Costituzione e di una nuova forma di governo, la repubblica democratica, sancita da un referendum popolare che riconobbe anche la piena uguaglianza tra tutti i cittadini, e cittadine. Le donne diedero infatti un contributo fondamentale alla Resistenza, a lungo dimenticato, ma grazie al quale cominciarono a rivendicare il proprio ruolo nella società, fino ad allora relegato al ruolo di “angeli del focolare”.
Quindi, se vogliamo veramente cambiare lo stato di cose esistente e contrastare l’ingiustizia, le disuguaglianze, la xenofobia e l’intolleranza che ci circondano dobbiamo ritornare a quei principi.
Per concludere vi leggo una lettera, una lettera di un giovane italiano che ha fatto una scelta molto difficile, discutibile e non comune per la nostra società, ha deciso di andare a combattere gli integralisti dell’ISIS in Siria a fianco delle forze democratiche siriane dell’YPG, perdendo la vita proprio nell’assedio finale al califfato. Questo giovane però non era animato da fanatismo o violenza ma di entusiasmo per l’adesione a un progetto, quello del Rojava, zona a nord della Siria sotto controllo curdo, protagonista di un esperimento di inclusione tra tutte le etnie del paese, progetto quindi non fondato su appartenenze etniche ma di convivenza pacifica tra popoli e culture, che per questo motivo ha raccolto adesioni di numerosi giovani europei. Questo giovane si chiamava Lorenzo Orsetti, ho trovato molto significativa questa lettera-testamento proprio per lo spirito con cui è stata scritta e che racchiude a mio avviso il senso dell’essere partigiani oggi:
"Beh non rattristatevi più di tanto, mi sta bene così; non ho rimpianti, sono morto facendo quello che ritenevo più giusto, difendendo i più deboli e rimanendo fedele ai miei ideali di giustizia, uguaglianza e libertà. Quindi nonostante questa prematura dipartita, la mia vita resta comunque un successo e sono quasi certo che me ne sono andato con il sorriso sulle labbra. Non avrei potuto chiedere di meglio.
Vi auguro tutto il bene possibile e
spero che anche voi un giorno (se non l'avete già fatto) decidiate di dare la
vita per il prossimo perché solo così si cambia il mondo. Solo sconfiggendo
l'individualismo e l'egoismo in ciascuno di noi si può fare la differenza. Sono
tempi difficili, lo so, ma non cedete alla rassegnazione, non abbandonate la speranza;
mai! neppure un attimo.
Anche quando tutto sembra perduto, e
i mali che affliggono l'uomo e la terra sembrano insormontabili, cercate di
trovare la forza, di infonderla nei vostri compagni.
È proprio nei momenti più bui che la vostra luce serve.
E ricordate sempre che 'ogni tempesta comincia con una singola goccia'.
Cercate di essere voi quella goccia."
È proprio nei momenti più bui che la vostra luce serve.
E ricordate sempre che 'ogni tempesta comincia con una singola goccia'.
Cercate di essere voi quella goccia."
E restiamo umani!
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Marco Rubino
Presidente ANPI sez. V Torino
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