sabato 25 aprile 2020

Celebrazione del 75° anniversario della Liberazione


Intervento del presidente della sezione A.N.P.I. V Torino, Marco Rubino, per il 75° Anniversario della Liberazione:

Quest’anno il 25 aprile coincide con un momento molto difficile per il nostro paese e per il mondo intero. Per la prima volta non potremo celebrarlo con le consuete modalità: non ci saranno infatti i tradizionali cortei e feste che di solito lo contraddistinguono, ma si useranno mezzi alternativi, come la rete.

In questo breve momento celebrativo, un primo pensiero non può che andare alle tante persone coinvolte da questa emergenza, alle vittime ed ai loro familiari, ai malati, ai tanti medici e infermieri, a tutti coloro che contribuiscono a vario titolo agli sforzi per cercare di arginare e combattere la diffusione del Covid19.

Il virus non ha fatto distinzioni, ha superato ogni confine o barriera, ma il prezzo più grande lo stanno pagando come spesso succede le persone più vulnerabili, come gli anziani o chi sta già affrontando altri problemi di salute.

Si tratta quindi di un’emergenza che ha messo a dura prova la nostra società, ci ha ricordato inoltre, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, l’importanza del diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione, e di quanto si dovrebbe fare per renderlo effettivo con un adeguato servizio sanitario pubblico.

Abbiamo visto limitare molte nostre libertà che davamo tutti per scontate, come il semplice poter circolare liberamente. Si tratta di misure necessarie ma il distanziamento sociale e le quarantene non sono uguali per tutti. Soprattutto, le conseguenze non saranno le stesse, per questo si dovrà evitare il più possibile che questa emergenza vada ad incidere ulteriormente sul tessuto sociale ed economico del nostro paese, già pesantemente segnato da una crisi di lungo periodo.

In questo contesto, oggi, il 25 aprile assume un significato differente. Certo, speriamo tutti di ritornare al più presto alla “normalità”, ma quale normalità? Questo virus è frutto anche del nostro modello economico e produttivo, dell’impatto dell’uomo sugli ambienti naturali, e, secondo alcuni studi, l’inquinamento dei nostri territori ne avrebbe favorito la propagazione. 

Vogliamo il ritorno ad una normalità fatta inoltre di precariato, disoccupazione, disuguaglianze, egoismi, indifferenza, della guerra tra poveri, delle scritte sulle porte degli ebrei e dei figli di partigiani, delle campagne d’odio verso gli “altri”, contro cui scaricare colpe e frustrazioni? Se questa è la normalità, la normalità rappresenta il problema. C'è bisogno di un'altra normalità.

Se non arriverà una riflessione generale, il pericolo sarà una deriva di maggior rabbia, paura e incertezza, terreno fertile per il propagarsi di idee identitarie e xenofobe. In alcuni paesi, come l’Ungheria, abbiamo già visto come la crisi sanitaria sia divenuta un’occasione per ridurre le garanzie costituzionali, favorendo una svolta autoritaria. Il fascismo rinasce in questo modo, con forme differenti, mutando, ma i meccanismi di pensiero che ne sono alla base, sono sempre gli stessi. Per questo il pericolo di una sua rinascita è prima ancora che un problema politico, un problema culturale.

La situazione che stiamo vivendo, esattamente come avvenne 75 anni fa, deve quindi essere l’occasione per riflettere sulle nostre vite, sulla nostra società, deve essere l’occasione per ripensare verso dove vogliamo andare. L’anno scorso abbiamo visto le nostre città venire attraversate da cortei di giovani per la difesa dell’ambiente, per un nuovo modello di sviluppo. C’è bisogno di questo, ma ci sarà bisogno di promuovere nuove tutele sociali, che non lascino nessuno indietro, e di costruire una società nuova: aperta, giusta e solidale.

Come hanno detto i medici cubani che hanno offerto il loro aiuto al nostro paese ed alla nostra città: "Offriamo quello che possiamo e abbiamo, non ciò che ci avanza. Questa è l'essenza della solidarietà". 

Un ultimo pensiero va allo scrittore cileno Luis Sepùlveda, scomparso nei giorni scorsi proprio a causa del Covid, dopo una vita dedicata alla lotta contro le ingiustizie, soprattutto attraverso la letteratura e la poesia, subendo anche il carcere, le torture e l'esilio dopo il golpe del generale Pinochet contro il governo di Salvador Allende, di cui era un sostenitore:
“Ammiro chi resiste, chi ha fatto del verbo resistere carne, sudore, sangue, e ha dimostrato senza grandi gesti che è possibile vivere, e vivere in piedi anche nei momenti peggiori", scrisse nel suo "Le rose di Atacàma.
 


Ma allo stesso modo invitava a non arrendersi, anche sognando, come scrisse nel "Potere dei sogni":
"Sogniamo che un altro mondo è possibile e realizzeremo quest’altro mondo possibile [...] Solo sognando e restando fedeli ai sogni riusciremo a essere migliori e, se noi saremo migliori, sarà migliore il mondo".

Questo 25 aprile sarà differente ma i principi che celebriamo, e che sono a fondamento della nostra Costituzione, devono continuare ad ispirarci ogni giorno per costruire un mondo migliore, partendo dalla nostra quotidianità, perché è da lì che nascono i cambiamenti. 

Buon 25 aprile 
Restiamo umani


Torino, 24 aprile 2020
(La celebrazione si è svolta a "porte chiuse" per via delle disposizioni sulla sicurezza in atto per il contenimento del virus Covid 19)

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